Cosa significa quando una persona lavora sempre fino a tardi, secondo la psicologia?

Sei sempre l’ultimo a uscire dall’ufficio? Ecco cosa dice davvero la psicologia su chi lavora fino a tardi

È venerdì sera, ore 20:30. I tuoi colleghi sono già a casa da un pezzo, magari stanno aprendo una birra o guardando Netflix sul divano. E tu? Tu sei ancora lì, davanti al computer che illumina il tuo viso stanco, con quella sensazione di avere “ancora un milione di cose da fare”. Se ti riconosci in questa scena, sappi che non sei solo. Ma soprattutto, sappi che la psicologia ha qualcosa di molto interessante da dirti su questo comportamento.

Rimanere sempre oltre l’orario può sembrare il segno di una persona super dedicata e professionale. In realtà, secondo gli esperti, spesso nasconde dinamiche psicologiche molto più complesse di quanto immaginiamo. E alcune di queste potrebbero sorprenderti parecchio.

Il lato oscuro del perfezionismo: quando “abbastanza bene” è una bestemmia

Iniziamo dal perfezionismo patologico, uno dei principali colpevoli dietro le giornate lavorative infinite. Attenzione: non stiamo parlando di quello che ti spinge a dare il meglio di te stesso. Quello è perfezionismo sano. Stiamo parlando del suo cugino cattivo, quello che ti fa rifare la stessa presentazione per la quinta volta perché “non è ancora perfetta”.

Le persone con perfezionismo patologico vivono in un mondo dove tutto deve essere impeccabile al 110%. Hanno una paura terrificante del giudizio degli altri e una vocina interna che sussurra costantemente: “Non va bene, devi fare di meglio”. Chi presenta questo tratto non riesce letteralmente a considerare un lavoro “finito” perché c’è sempre qualcosa che potrebbe essere migliorato.

Il risultato? Un circolo vizioso micidiale: più tempo passi a “perfezionare”, più aumenta l’ansia per il tempo perso, più senti il bisogno di rimanere ancora per recuperare. È come essere su una ruota per criceti che gira all’infinito, solo che invece di correre stai lavorando fino alle 23:00.

Questo comportamento è spesso legato a una bassa autostima mascherata. In pratica, queste persone cercano di dimostrare il proprio valore attraverso un lavoro “perfetto”, ma siccome il perfetto non esiste mai davvero, finiscono per sentirsi sempre inadeguate. È un po’ come cercare di riempire un secchio bucato: puoi versarci tutta l’acqua del mondo, ma non si riempirà mai.

Workaholism: quando il lavoro diventa la tua droga preferita

Parliamo ora del workaholism, termine fighissimo che indica una cosa molto meno figa: la dipendenza dal lavoro. Sì, hai letto bene. Dipendenza, proprio come quella da sostanze, ma socialmente accettata e spesso pure celebrata.

I workaholic presentano alcuni segnali inequivocabili. Primo: non esistono confini tra vita privata e lavorativa. Rispondono alle email durante la cena, pensano ai progetti sotto la doccia e sognano letteralmente di essere in ufficio. Secondo: hanno un bisogno costante di riconoscimento attraverso la produttività. Se non stanno producendo qualcosa, si sentono inutili.

Ma la cosa più insidiosa è questa: nella nostra società, il workaholism viene spesso scambiato per virtù. “Guarda Mario, è sempre il primo ad arrivare e l’ultimo ad andarsene!” dicono i colleghi con ammirazione. Quello che non vedono è che Mario probabilmente usa il lavoro come un rifugio dalle sue emozioni negative, dalle relazioni complicate o dalla bassa autostima.

È più facile restare in ufficio a sistemare fogli Excel che affrontare una discussione difficile con il partner, o confrontarsi con quella sensazione di vuoto che emerge nei momenti di silenzio. Il workaholic, in sostanza, ha trasformato il lavoro nella sua comfort zone emotiva. E come tutte le dipendenze, questa ha un prezzo salato da pagare.

La sindrome del controllo: quando l’ufficio è l’unico posto dove ti senti “al comando”

Ecco un’altra dinamica psicologica affascinante: il bisogno di controllo. Molte persone che lavorano cronicamente fino a tardi lo fanno perché nell’ambiente lavorativo si sentono competenti, efficaci, “padroni della situazione”.

Pensaci: al lavoro hai le tue procedure, i tuoi sistemi, le tue to-do list. Ogni problema ha una soluzione logica, ogni obiettivo può essere scomposto in step raggiungibili. È tutto molto rassicurante e prevedibile. La vita privata, invece? È un casino totale. I rapporti umani sono complicati, le emozioni sono difficili da gestire, i problemi familiari non si risolvono con una riunione di team.

Questo fenomeno viene chiamato dagli psicologi “evitamento attraverso l’iperattivismo lavorativo”. In parole semplici: ci tieni così occupato che non hai tempo per affrontare le cose emotivamente impegnative della vita. È un po’ come mettere la musica a palla per non sentire i vicini che litigano: funziona, ma il problema è ancora lì.

Il prezzo da pagare: cosa succede alla tua salute mentale

Ora arriva la parte seria. Lavorare oltre l’orario non è solo una questione di essere stanchi. Le conseguenze sulla salute mentale sono reali e documentate. Chi lavora regolarmente oltre l’orario standard presenta un rischio significativamente maggiore di sviluppare depressione, ansia e isolamento sociale.

Perché secondo te lavori sempre oltre l’orario?
Perfezionismo
Ansia da giudizio
Bisogno di controllo
Evitare la vita privata
L’azienda lo pretende

Il meccanismo è abbastanza lineare ma devastante: quando tutto il tuo tempo e le tue energie vengono assorbite dal lavoro, le relazioni interpersonali si sgretolano. Gli amici smettono di invitarti perché sanno che dirai sempre di no. Il partner si sente trascurato. La famiglia impara a funzionare senza di te. Ti ritrovi progressivamente isolato, e indovina un po’? Questo isolamento ti spinge a rifugiarti ancora di più nel lavoro.

Ma non finisce qui. Lo stress cronico derivante da orari prolungati porta a una serie di conseguenze che sembrano uscite da un film horror psicologico: disturbi del sonno, difficoltà di concentrazione, irritabilità costante e, nei casi più gravi, episodi depressivi veri e propri.

Il condizionamento culturale: viviamo nella società del “sempre connessi”

Non possiamo ignorare l’elefante nella stanza: il condizionamento culturale. Viviamo in una società che ha trasformato l’essere “sempre produttivi” in una specie di religione moderna. Instagram è pieno di imprenditori che si vantano di dormire quattro ore a notte, LinkedIn celebra chi sacrifica tutto per la carriera, e ovunque si respira questa narrativa tossica che confonde il valore personale con la produttività.

Questo ambiente culturale malato fa sì che molte persone sviluppino la convinzione che il loro valore come esseri umani sia direttamente proporzionale al numero di ore lavorate. È una convinzione devastante per l’autostima e per l’equilibrio psicologico, ma è ovunque intorno a noi.

Questa cultura del lavoro estremo viene spacciata per successo, ma in realtà è spesso sintomo di un disagio emotivo profondo che la società ha imparato a valorizzare invece di curare.

Non sempre è colpa tua: quando il problema è l’azienda

Importante: non tutti quelli che lavorano fino a tardi hanno problemi psicologici. A volte il problema è semplicemente che l’azienda fa schifo. Organizzazioni che sottostimano deliberatamente i tempi dei progetti, manager che scaricano le loro inefficienze sui subordinati, ambienti di lavoro dove dire “no” a richieste assurde viene percepito come mancanza di spirito di squadra.

In questi casi, rimanere oltre l’orario non è una scelta psicologicamente motivata, ma una strategia di sopravvivenza professionale. È fondamentale saper riconoscere la differenza per non colpevolizzare chi si trova semplicemente intrappolato in dinamiche lavorative tossiche.

Come capire se è un problema psicologico

Allora, come fai a distinguere tra necessità lavorativa reale e dinamica psicologica problematica? Ecco alcuni segnali che dovrebbero accendere una lampadina rossa nella tua testa:

  • Senso di colpa quando lasci l’ufficio in orario, anche quando non ci sono urgenze reali
  • Difficoltà a delegare anche i compiti più semplici perché “nessuno li fa bene come me”
  • Pensieri ossessivi sul lavoro anche quando stai cercando di rilassarti
  • Ansia fisica quando sei “costretto” a prenderti una pausa o una giornata libera
  • Le tue relazioni personali stanno andando a rotoli a causa del lavoro

La via d’uscita: si può cambiare

La buona notizia è che questi pattern comportamentali possono essere modificati. Il primo passo è sempre la consapevolezza: riconoscere che rimanere sempre fino a tardi potrebbe essere un segnale che qualcosa nel tuo rapporto con il lavoro necessita di attenzione.

La psicologia cognitivo-comportamentale ha sviluppato strategie efficaci per affrontare sia il perfezionismo patologico che il workaholism. Si tratta di imparare a stabilire confini sani, a tollerare l’imperfezione, a riconoscere il proprio valore al di là di quanto produci in ufficio.

Non significa diventare pigri o meno ambiziosi. Significa trovare un equilibrio sostenibile che ti permetta di essere produttivo sul lavoro senza sacrificare la tua salute mentale e le persone che ami. Perché alla fine, siamo esseri umani con bisogni complessi, non robot programmati per la produttività.

E ricorda: una vita piena e soddisfacente raramente si costruisce solo dietro una scrivania, qualunque ora segni l’orologio. A volte la cosa più produttiva che puoi fare è spegnere il computer e andare a casa. Il lavoro può aspettare, ma la tua vita no.

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